Luglio – 12
Abito in un edificio di due soli appartamenti. Il terrazzo sopra di me appartiene a tutti e due. Non esiste condominio ed avendo grosse perdite in casa ho dovuto procedere a mia cura all’esecuzione dei lavori. Non mi è stato possibile avvisare il proprietario dell’altro appartamento perché era fuori città, ma adesso non intende partecipare alle spese che ho sostenuto. Come debbo comportarmi? Devo per forza fargli causa?
Egregio Lettore,
purtroppo siano nel caso del cosiddetto “condominio minimo” non regolamentato puntualmente dal legislatore ma assimilabile per analogia al condominio in generale. Partendo da questo presupposto è possibile fare le seguenti considerazioni.
Ai sensi dell’articolo 1134 del Codice Civile, il condomino che ha sostenuto delle spese per le cose comuni senza autorizzazione dell’amministratore o dell’assemblea non ha diritto al rimborso: tale regola è derogata quando si tratta di spesa urgente. Spetta quindi al condomino che ha affrontato la spesa di aver diritto al rimborso per conservato la cosa comune, dimostrando l’urgenza, ossia la necessità di averla dovuta eseguire senza ritardo per evitare l’insorgenza di danni, nonché di non essere riuscito a darne notizia agli altri condomini. Questo afferma la Cassazione Civile con ordinanza n. 433 del 19 marzo 2012 precisando che “è urgente la spesa la cui erogazione non può essere differita senza danno o pericolo secondo il criterio del buon padre di famiglia”. Ed invero l’urgenza per giustificare l’esecuzione dei lavori, a prescindere dalle autorizzazioni dell’amministratore o dell’assemblea condominiale, deve essere tale da non consentire neppure quella minima dilazione necessaria per consentire al condominio di deliberarli o per ottenere l’autorizzazione dell’amministratore.
Il connotato dell’urgenza dev’essere valutato alla luce di tali rigorosissimi criteri non essendo efficace per il condominio la disposizione dettata in tema di comunione dall’articolo 1110 del codice civile secondo cui il rimborso delle spese per la conservazione è subordinato solamente alla trascuratezza degli altri comproprietari. Mentre nella comunione i beni comuni costituiscono l’utilità finale del diritto dei partecipanti, i quali, se non vogliono chiedere lo scioglimento, possono decidere di provvedere personalmente alla loro conservazione, nel condominio i beni comuni rappresentano un’utilità strumentali al godimento dei beni individuali: per tale motivo il legislatore ha inteso regolamentare con maggior rigore la possibilità del singolo proprietario d’interferire nell’amministrazione del bene.
Da ciò deriva che la prova dell’indifferibilità della spesa incombe sul condomino che chiede il rimborso, il quale deve dimostrare, a tal fine, la sussistenza delle condizioni che imponevano di provvedere senza ritardo e che impedivano di avvertire tempestivamente l’amministratore o gli altri condomini (Cass. nn. 4364/2001, 7181/1997, 6400/1984, 5256/1980).
Il principio della rimborsabilità, in assenza di autorizzazione dell’organo competente, delle sole spese da costui sostenute in via di urgenza, è stato ritenuto applicabile anche al “condominio minimo” (espressione della Cassazione a Sezioni Unite con sentenza n. 2046 del 2006), nonché all’ipotesi delle spese di riparazione e ricostruzione del lastrico in uso esclusivo del condomino, trattandosi in questo caso di spese comunque destinate a essere ripartite tra tutta la collettività condominiale secondo i criteri dell’articolo 1126 del codice civile in funzione della comune utilità del bene quale copertura dell’edificio (Corte App. Roma 21 luglio 2004, n.3433).
Concludo dicendole che se il proprietario dell’altro appartamento non intende recepire in via bonaria la sua richiesta di contribuzione alle spese, dovrà solamente rivolgersi al magistrato.
Sperando di esserLe stato d’aiuto e augurandole di risolvere quanto prima il problema, porgo
Distinti Saluti
Vincenzo CAPOBIANCO
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