Dicembre – 13
Nel condominio in cui abito, a piano terra vi sono dei locali utilizzati ad uso commerciale. Lo stesso nel condominio adiacente dal quale siamo separati da un cavedio di circa 20 cm. Gli inquilini del negozio dell’altro edificio hanno affittato il locale adiacente situato nel nostro condominio e mi risulta abbiano aperto delle porte per metterli in comunicazione. I due palazzi non sono in cemento armato ma sono a muratura portante e secondo me hanno arrecato danno alla struttura. Gli inquilini asseriscono che alcune delle aperture di collegamento erano già esistenti ma che da diversi anni erano state chiusa con una tramezzatura. Come dobbiamo comportarci.
Egregio Lettore,
l’utilizzo del muro perimetrale dell’edificio condominiale da parte del singolo condomino per praticavi aperture e mettere in collegamento locali di sua esclusiva proprietà con altro immobile estraneo al condominio, costituisce uso indebito della cosa comune secondo quanto stabilito negli articoli 1102 e 1122 del Codice civile. Dette aperture alterano la destinazione del muro, modificandone la funzione di recinzione e possono dare origine ad una servitù di passaggio a carico della proprietà condominiale. Pertanto, vi invito a fare ricerche storiche in atti di proprietà, documentazione catastali, ecc. mediante tecnico di fiducia che possa confutare le affermazioni degli inquilini, e in assenza di prove attestanti la legittimità delle aperture realizzate, la demolizione del muro di proprietà del condominio determina con tutta probabilità un danno da fatto illecito.
L’affittuario che demolisce un muro condominiale per aprire un passaggio atto a collegarsi con un appartamento che sta in un altro palazzo deve rimettere le cose a posto e pagare i danni. Lo stabilisce La Corte di cassazione, con la sentenza n. 21395 del settembre 2013 censura il comportamento dell’inquilino che, avendo in affitto due appartamenti in stabili diversi, li aveva messi in comunicazione demolendo un muro di proprietà del condominio.
Pertanto ritengo che il condominio (se la maggioranza lo delibera) deve citare in tribunale il proprietario dell’immobile, che a sua volta dovrà chiamare in causa l’affittuario, responsabile di aver eseguito i lavori. Spetterà poi al Tribunale condannare le parti (o solo una di esse – e credo condanni l’inquilino) alla ricostruzione e al pagamento dei danni che eventualmente verranno accertati e quantificati. Diversamente, potrebbe agire solamente il proprietario di uno degli immobili locati e imporre la chiusura dei varchi all’inquilino (ma vedo questa ipotesi molto remota per ovvie ragioni e interessi economici).
Nel leggere la giurisprudenza ho rinvenuto un caso analogo dove la Cassazione, confermando l’uso indebito della cosa comune, prende atto dell’esistenza di un altro accesso situato in un’altra parte dell’immobile ma nega che questo possa costituire un lasciapassare per aprire altri passaggi. Nella sentenza si legge che «L’apertura di un altro e diverso varco non può essere ritenuta una semplice modalità di esercizio “ampliativa” della preesistente facoltà, o in essa ricompresa ai sensi dell’articolo 1027 del Codice civile, ma determina un onere nuovo e diverso a carico del fondo servente». Ciò anche in considerazione di quanto previsto all’articolo 1067 del Codice Civile, che vieta al proprietario del fondo dominante di rendere più gravosa la condizione del fondo servente.
Pertanto, anche nel caso in cui alcune delle porte di collegamento fossero documentate negli atti di proprietà, non è ammissibile l’apertura di ulteriori porte.
Sperando di esserle stato d’aiuto, porgo
Distinti Saluti
Vincenzo CAPOBIANCO
V (102)